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Critica

" ... eppure Nicola Nannini è sempre stato come lo si può vedere oggi. La sua pittura è cresciuta, maturata, in sapienza d'invenzione e tecnica, ma la sua ragione profonda, quella che non c'è verso di chiarire perché nasce uguale a se stessa, e così va presa, resta sempre nell'ossessione di dipingere il tempo della vita, con le sue stagioni archetipiche ( pari a infanzia, maturità e vecchiaia ) nelle forme della storia dell'arte; come se egli dovesse tradurre le esigenze degli esseri umani e del mondo nella loro memoria artistica - e offrirla a qualcuno che altrimenti non avrebbe modo di percepirle ... "

Roberto Cresti, " La notte, le piazze, la figura " S.Giovanni in Persiceto ( Bo ), 2004

 

" ... rapido, veloce, arrischiato, audace, ebbro, verrebbe proprio da dire. E soprattutto, incurante di qualunque affettazione, di qualunque accanimento pittorico, di qualunque paura o dubbio. Nicola Nannini pare proprio essere il figlio prediletto di quella schiera di pittori "infallibili", di coloro, cioè, che risultano tali non perché non sbagliano mai, ma perché convinti che il risultato, il raggiungimento dei loro scopi sia pieno e tutto a loro favore solo se prodotto da un atto ebbro e arrischiato ... "

Alberto Agazzani, Milano 2002

 

" ... Nannini ... un pittore che proprio in virtù della sua giovane età è entusiasta e coinvolto testimone dei nostri tempi; un artista che ha scelto con lucida consapevolezza di seguire una strada difficile e tortuosa, certo com'è che la modernità è altro dalle mode e dalle loro leggi ... La via scelta da Nannini è quella che lo porta ad un quotidiano confronto con le tecniche e gli strumenti di un mestiere, antico ed immortale, oggi in via d'estinzione, in procinto d'essere dimenticato ... Egli vive la dura ma serena consapevolezza che la pittura può esistere solo se in grado di coincidere con la verità e con la vita di chi la crea ... per realizzare la quale occorre un severo atteggiamento critico verso se stessi e la realtà, ma pure un'acuta sensibilità in grado di percepire e vedere il segreto ultimo del mondo oltre e al di là delle apparenze."

Alberto Agazzani, Reggio Emilia e Pietrasanta, 2002

 

" ... la forza con cui riesce a mediare la pulsione creativa, l'applicazione della composizione, la fascinazione della tecnica e la cura della realizzazione mi affascina tutte le volte che lo vedo al lavoro. Attento e preciso, totalmente proteso sulla tela, è come se giocasse con i pennelli ad un gioco in cui la pittura e la vita non si danno mai scacco matto, ma ogni volta si spostano anche solo di un poco, su altri piani, verso altre valenze, verso altre modalità di significazione. Il suo modo di fare figurazione diventa legame tra un tempo dell'arte in cui tutto passava attraverso questo genere ed il tempo attuale che vive l'esplorazione della complessità dei fenomeni artistici. Lo studio quasi maniacale con cui Nannini affronta ogni aspetto del visibile porta sempre in primo piano altri elementi concettuali e mentali che accompagnano questa visione. Tutto si tiene eppure tutto si distanzia. Tutto acquista un senso nuovo. Il pittore e il riguardante sono come coinvolti in una ricerca comune. L'immediatezza del tema non nasconde mai la complessità del soggetto affrontato, anzi è come se il nostro artista spingesse continuamente l'osservatore ad indagare gli aspetti meno noti ... Il pittore sospinge l'occhio del soggetto che guarda a distanziarsi dalla lastra ingannevole dello specchio di Narciso e portarsi verso altre superfici riflettenti, forse anche più stranianti come lo specchio di Dioniso."

Gianni Cerioli, Ferrara 2006


" ... per Nicola Nannini il disegno rappresenta tutto questo e, soprattutto, un momento di ritorno all'ordine, al silenzio ed alla riflessione dopo il furioso trance di tanta pittura. Col disegno, inoltre, egli esercita quell'occhio mentale così acuto che gli permette di cogliere e, successivamente, dipingere con subitanea infallibilità le sue complesse immagini mentali ... nelle quali il perfetto dominio del visibile è potente strumento evocativo d'atmosfere e sospensioni di metafisica e inquieta magia. D'altra parte ... l'infallibilità del gesto pittorico di Nannini ... non può essere considerato come il risultato felice di un istinto puro e selvaggio. Non esiste e non può esistere caso nell'apparente caos dei suoi grovigli dipinti, delle sue pennellate sì libere, ma sagge e mai azzardate, quindi mai casuali. La straordinarietà della sua pittura e resa immediata dalla dirompente forza di quei segni decisi e, appunto, infallibili; una forza però tutt'altro che selvaggia o improvvisata, ma che risponde a quel possesso assoluto delle forme che solo col disegno può essere conquistata così interamente ... "

Alberto Agazzani, "Nicola Nannini. Matite", Pieve di Cento, 2002

 

" ... Nicola Nannini ha dato scansioni particolari al proprio tempo dividendolo secondo una sorta di liturgia creativa che si rifà alla teoria degli opposti: il giorno e la notte, la luce e le ombre, l'ipnotico estendersi della pianura e il polifonico insieme delle città, l'inizio e la fine di qualsiasi fenomeno da ricordare nella sintesi dell'elemento plastico-cromatico. Nannini disegna e dipinge e, a un modo ravvicinato di vedere le cose, alterna visioni lontane, situazioni fatte decantare da una ritrosia intellettuale che gli fa pensare di non capire o di capire troppo ... Unisce al tratto descrittivo un potenziale immaginativo che fa della pittura un tramite fra le pulsioni del vivere e la luce che avvolge i suoi fantasmi interiori ... L'interesse per le cose è onnivoro in Nannini ... Inquadra secondo un gioco prospettico azzardato, ora seguendo la realtà di sghembo, ora forzando al massimo i primi piani, ora scardinando i criteri dell'alto e del basso. L'esito di questi azzardi è di innegabile suggestione anche perché reso pulsante da un gesto che ingloba volume e movimento ... Si svolge così il racconto di Nannini, tra " ore liturgiche " e inserti mnemonici che non conoscono prescrizioni temporali. Il pittore segue attentamente le istruzioni per l'uso del sogno, trasforma un angolo di campagna in un primo piano dell'infinito, gioca con gli opposti puntando sempre su ciò che dà vita a un nuovo corso. Se un racconto finisce, un altro deve cominciare. Nella poesia fine e inizio sono la stessa cosa. "

Franco Basile, " Nicola Nannini", Bologna 2003

 

" ... Ovunque aveva cercato, con attrezzato istinto, la facoltà di legare la luce e l'ombra, il grande e il piccolo, il demotico e il sublime, di deformare l'arte per dar forma alla vita ; ma aveva meditato anche la monumentalità barocca che gareggia col mondo e la decorazione che commuove il pensiero ... Erano però le atmosfere notturne a suggestionarlo e a indurlo alla pittura, in particolare quelle degli antichi centri di cittadine e di città a lui familiari, che il mestiere, ormai conquistato per intero, lo portava a dipingere senza attenersi di necessità al punto di vista orizzontale o al dato verosimile, creando, sullo sfondo di strade, vicoli e facciate, atmosfere inquietanti ove ogni cosa, animata o inanimata, e ogni lato prospettico d'appoggio apparivano interdetti fra essere e non essere ... addirittura sospesi o ruotanti fra un non meno irreale effetto di alto-basso."
" ... la partita fra la pittura di Nannini e il mondo appare, infine, rovesciata, e chi dava le carte ( l'arte ) invece, le riceve ... Si vuol dire che Nannini non chiede neppure ora al soggetto più di quanto abbia da offrirgli: il suo occhio e la sua mano non colgono un reale vivente, in sè eventuale, bensì un reale sospeso in essenziali strutture di apparizione, come in icone che mantengono l'orlo ondulato del chiaroscuro. Siamo cioè ... a una figurazione sezionata, a un quadro spesso tendenzialmente aprospettico, senza un unico verso di composizione ... Per questo, le figure specialmente, nude o vestite, paiono colte in un estatico collasso di gravità ( Types ). Non hanno, infatti, punti di riferimento: la scena che letteralmente le inquadra è vuota. ... La pittura così si fa crudele, in essa spariscono i cieli di puri cristallini o cataratte romantiche, poiché tutto vi è solo quello che già è; e, tuttavia, Nannini non la rende vana: usa ogni corpo-volume come un supporto su cui dipingere ... Cercano le immagini di Nannini la trama di uno spazio che non c'è: sono in se stesse vere, ma senza realtà, come brani di affresco sopra un muro bianco. Quel bianco è il nostro tempo. E poiché l'arte, in ogni epoca, elabora una materia prima psicologica, il sostrato di un inconscio collettivo di cui essa esplicita, attraverso la personalità dell'artista, il mutamento, quella materia sembra corrispondere, in Nannini, alla coscienza di un mutamento intervenuto fra se stesso e il mondo; a una completa alienazione dello spazio naturale in cui egli è nato ... ma Nannini non immagina il perduto: lascia il vuoto essere così com'è. "

Roberto Cresti, " Nuda Veritas ", Bologna, 2007

 

" ... Nannini ... rivendica la libertà di sviare dal cammino etero diretto, spesso proposto/imposto e di approfondire altre tematiche che, forse, sembrano meno immediate al pubblico che lo segue, ma che non sono affatto " altre " rispetto alla sua linea di sviluppo ... Basta cogliere il suo indagare il mondo con l'attenzione dello scienziato e il cuore del poeta per rendere evidente l'affaccio alla complessità che governa la sua produzione intera ... La notte nella creatività di Nannini propone una serie di testi che costituiscono un fluire dell'immaginario estremamente articolato ... I notturni aprono un campo d'indagine specifico in cui l'io si fa azione, in cui presenze appena nominabili, senza più spessore reale, stanno accanto ad altri brani di realtà. ... Visioni istantanee movimentano il tempo apparentemente statico della notte: un tempo in apparenza senza memoria in cui però tutte le memorie si affollano e reclamano ascolto. Le care ombre che Nannini fa volitare nei cieli oscuri del buio profondo hanno il pregio pittorico innegabile di scompaginare il tempo fermo della notte. Esse producono una sorta di fenomenologia dell'apparizione. E' il sopravvenire di esseri, di ombre che nulla di razionale parrebbe accreditare. ... esse confermano e testimoniano una dimensione fuori dal tempo ... Muovendosi in una razionalità differente fanno esplodere una dimensione fantastica dello spazio-tempo. ... Quello che mi pare importante sottolineare è che in tal modo l'artista utilizza il fantastico come principio di conoscenza. "
" ... Nannini ha dipinto i volti di coloro che hanno giocato la propria partita con la vita, spesso colti nella chiusa e attonita espressione di chi è convinto che molto sfugga all'umana capacità di controllo. Eppure queste figure riportano in gioco la dignità del destino dell'uomo, del suo eticamente " essere debole ", mentre sempre più forte diventa l'individuale responsabilità di mettersi in gioco. "

Gianni Cerioli, " Gli ultimi silenzi ", Andria, 2008

 

" ... L'altro giorno parlando con Nannini gli ho dato un consiglio: - Guai a chi ti chiama artista.- Perché artisti sono anche i cantanti ... sono i clown, quelli che fanno il trapezio. Tutti loro sono artisti e hanno una loro capacità professionale, ma ahimè oggi può essere artista dal vero chiunque. ... E oggi noi sappiamo che ognuno di noi può diventare immediatamente artista : basta andare a casa e prendere i resti della cena, passarci uno spray che li solidifichi così come sono, cambiargli luogo, invece della propria cucina la sala di una galleria ed ecco immediatamente un'opera d'arte. Questo però non fa di voi dei pittori. E allora a Nicola ho detto: - Guai! Non farti chiamare artista! Chiunque è artista-.
... Nicola Nannini è un pittore. Ma fare il pittore è un po', come dire, fare il pianista: per fare il pianista e dare i concerti occorrono, diciamo, quindici anni di tastiera, sei/sette ore al giorno di esercizio ripetendo lo stesso pezzo. ... Fare il pittore è un po' la stessa cosa: vuole dire essere padroni di una professionalità, di un mestiere ossia stupire gli altri perché tu sai fare cose che loro fare non sanno. ... Il giorno che sono entrato alla galleria Forni, ho preso il catalogo di Nannini e ho guardato dove questo pittore era noto: Italia, Olanda. Perché Olanda? Perché secondo me il nesso con Vermeer e non solo con Vermeer, ma anche con pittori come De Witt o Van Hoogstraten non è potuto non saltare agli occhi. ... Van Hoogstraten ha guardato un luogo e lo ha reso con una maestria eccezionale. Nannini fa lo stesso: il che significa che anche lui appartiene, come del resto Vermeer e Velasquez ne Las Meninas, a quella categoria di pittori senza stile. Non ha stile, non rifugge nello stile perché lo stile è la forzatura che l'artista fa su ciò che la sua retina vede: è una deviazione. Certo la deviazione da ciò che noi vediamo è molto applaudita perché tutti pensano che deviare sia un segno tipico dell'artista. ... ma Raffaello non ha stile, Correggio no, Courbet meno che mai e gli olandesi meno di tutti. Vermeer non ha stile e Nannini non ha stile. Canaletto non ha stile. Bellotto non ha stile. Che cos'hanno? Hanno l'occhio. ... Nannini non imita, non ha imitato, ha tradotto in pittura, in gesto, in materia pittorica ciò che la sua retina registrava. ... Lui registra ciò che vede, anche nei quadri più criptici e in qualche modo misteriosi ... dipinge ciò che vede seguendo una prassi che è andata avanti da Lascaux fino agli impressionisti attraverso Giotto, Raffaello, Michelangelo, Rubens, Caravaggio, senza mai interrompersi ... Quando però sento dire che le avanguardie hanno sconvolto tutto e che loro hanno ragione e i figurativi hanno torto, allora io rispondo che in una democrazia, per esempio, ci si conta. ... Perché l'erede della figuratività non è la pittura, la fotografia ecc... ma è la figuratività stessa che continua imperterrita e che dilaga come mai ha dilagato, molto più che ai tempi di Raffaello. Noi tutti viviamo circondati di figure ... i negozi di intimo che cosa fanno vedere in vetrina? E la televisione? Figure. Io non ho mai visto una trasmissione astratta o informale. Se è informale devo chiamare il tecnico... "

Eugenio Riccomini, " Una lezione su Nannini " , Conferenza in Santa Maria della Vita , Bologna, 2008

 

" ... La sua pittura fluida, ma all'occorrenza meticolosa come una veduta planare, si srotola come un arazzo, ad evocare per accenni cromatici, segni minuti tracciati su un pastoso tessuto, ogni minimo dislivello, conca o dosso, di queste terre argillose ... "

Vladek Cwalinsky, " La grande pianura ", Bologna, 2011

 

" ... Nannini descrive così questi mondi con una maestria ancora più alta perché la sua opera fa riferimento a piccoli oggetti, piccole cose, piccole vite. Guardando e mirando le sue opere capiamo l'esterno e l'interno di case e luoghi. La mentalità e il cuore di chi li ha costruiti. Non li assolve, chè forse non spetta a lui, ma li comprende. A nostra volta, spettatori, sentiamo di partecipare a quei mondi che per un momento diventano nostri anche se forse non ci piacciono; nostri grazie alla sua pittura, ai suoi colori, alla luce che sa infondere in ogni opera, nei dettagli più o meno illuminati o agli angoli volutamente più bui. E' una perfezione stilistica quasi inquietante, che sa trasformare in sentimento mai in sentimentalismo. Sa andare oltre la fisicità delle cose che dipinge in mondi sotterranei e misteriosi ... frutto di un preciso programma e progetto pittorico. "

Graziano Campanini, " La grande pianura ", Bologna, 2011

 

" ... L'universo di Nicola Nannini ha le pareti mappate da un numero non conteggiabile di viaggi nella pianura. Ha cominciato tanti anni fa mischiando dati raccolti su lavagnette a impressioni elaborate dal ricordo ... C'è stato anche il momento delle grandi piazze, degli inoltri fra le righe della notte con raffigurazioni di cortei in spazi popolati dall'inquietudine ... Ogni quadro è un momento di vita, ogni paesaggio una storia ... Dipaniamo la matassa del tempo, ritroviamo dare sostanza alle proprie emozioni affascinato dai bordi sfumati di una giornata di pioggia, lo rivediamo farsi prendere dalle penombre di qualcosa di remoto e nel ripasso del tempo cercare, in un tocco di ocra, un motivo per rendere meno amara la malinconia. ... ai lembi di un villaggio sfiorato da un vecchio canale, in un cortiletto dalle piante asfittiche; tra silenzi e visioni frastagliate lo vediamo soppesare rivelazioni dense di affanno mentre qualcosa, smarrendosi nella dilatazione di una luce d'estate si insinua nella trama della tela ... "

Franco Basile, " La grande pianura ", Bologna, 2011

 

" ... Nannini vuole indagare come un chirurgo in una vivisezione che parte dai paesaggi per addentrarsi nelle case e scoprirne i personaggi, spogliarli dei loro abiti e sottoporli ad un processo di identificazione e catalogazione ... autopsie di un'analisi esistenziale che sembra risolversi in una figurazione scientifica. Il suo passaggio dal paesaggio urbano al ritratto umano è l'evoluzione di una indagine conoscitiva , non è apparente frattura figurativa, è quasi un percorso logico e obbligato ... fino a un nuovo Umanesimo, in cui la figura umana è al centro dell'attenzione. E' un'analisi geomorfologica che si fa dialogo umano, confronto e conforto esistenziale ... Prende così forma una tipologia umana esattamente come la tipologia urbanistica, quasi un atlante di foto segnaletiche, di casistiche che individuano modelli e mimetizzazioni caratteriali ... Nannini descrive una galleria di personaggi che sembra inchiodare come insetti in una teca, individuandone la specie con la pazienza e la curiosità scientifica di un entomologo. ... una spiazzante decomposizione psicologica attraverso l'individuazione di dettagli di caratterizzazione fisica che concorrono a definirne il ruolo e l'immagine sociale in modo provocatorio e surreale. "

Aldo Benedetti, Milano, 2013

 

" ... Se infatti si volesse rendere esplicito il suo metodo di lavoro- dai notturni agli interni, dai capricci ai ritratti, ad altri precedenti paesaggi, in una ormai più che ventennale ricerca – si potrebbe sintetizzarlo dicendo che egli usa la storia dell'arte come un tempo i pittori usavano la natura, e che, dopo aver colto il colore locale o anche il punto di vista, non più dal mondo esterno bensì dalla tela di un dipinto antico, lo riporta alla luce del sole o della notte e ne verifica la consistenza in rapporto al vero. Il lavoro artistico diviene un travaso meticoloso della vita nella forma, ma senza che l'esito del processo sia mai preordinato: come una improvvisazione a posteriori, un alfabeto che, messo a contatto con la realtà, produce nuove parole di una lingua comune. Questo implica un legame attivo con la tradizione, ma anche la revoca di qualsiasi anacronismo, poiché il dipinto si trova al centro di una pluralità di impulsi, sia in termini di provenienza morfologica che di finalità, e s'incentra sulla presenza del pittore nello spazio e nel tempo come su una preliminare base comune col fruitore della sua opera.
... la prerogativa del romanzo contemporaneo e , si potrebbe aggiungere, della miglior pittura sta nel vedere l'interiorità dall'esterno. Non è questa forse la finalità perseguita da Nannini nella presente mostra, ove pare che la sua biografia, dal tempo della prima passione per Schiele, sia vista dall'esterno, quasi venendoci incontro da Krumau ? La natura è l'Io- moderno, che per Schiele erano andati perduti, tornano in essa a farsi disegno e struttura: come se, guardando in uno specchio, vedessimo il nostro volto sparire e dallo specchio emergere ricordi più antichi della nostra memoria. Qualsiasi fine infatti, dalla finis Austriae alla fin de tout, se trova un testimone, non è più una fine, ma una prosecuzione in cui il presente modifica il passato senza fine. Diceva a ragione Oscar Wilde : - Narciso è il lago. - ... Non è un narcotico per nostalgici del mondo di ieri, ma ieri come oggi, una lotta con quell'inafferrabile non-essere, che non ha forma e divora i limiti del nostro pensiero. "

Roberto Cresti, " Passaggio a Krumau . Omaggio a Schiele ", Bologna , 2014

 

"... la ricerca richiede tempo, è una forma attiva di "attesa".
Attesa è una parola chiave per capire Nannini, la sua poetica. È lei che rende inconfondibile la sua pittura. Non il segno, il colore o la pennellata, ma quell'atmosfera che essi evocano, suggerendo storie con finta discrezione. "Finta" perché in realtà il discorso è inequivocabile e netto. In fondo, nei suoi dipinti racconta sempre quell'attimo che siamo abituati a vedere nei film hollywoodiani, quello subito prima dell'esplosione di una bomba, una frazione di secondo, quel momento sospeso, di silenzio, in cui tutto rallenta, si trattiene il fiato, le immagini rallentano, poi si confondono, mentre i personaggi sono già fantasmi e nulla sarà più come prima. E noi spettatori su comode poltrone ci illudiamo fino all'ultimo che la tragedia sia evitata, che qualcuno intervenga, per poi trovarci nell'inevitabile, di cui il film dovrà consolarci. Ma non c'è nessun eroe che consoli nei quadri di Nannini. La bomba sta per esplodere, e noi vediamo già cosa potrebbe succedere. E ne siamo parte, coinvolti e chiamati in causa da quell'attesa, che è prima di tutto una luce.
Luce è la seconda parola chiave ... Nannini negli anni ha trovato via via il modo di rendere sempre meglio una luce inverosimile che per lui è espressione, un sentire ... diurna o notturna che sia, è quella della sua terra ... Nannini mette in scena sulle sue tele città come Bologna, piccoli paesi, la pianura che li circonda e che si perde laggiù in fondo, dove l'orizzonte non è mai una linea precisa, specie se innevata. Arriva al mare Adriatico, lo risale e scopre la Boemia, la Mitteleuropa amata nella pittura e nella letteratura. Uno spaziare che non è casuale, anzi. Esiste un percorso preciso, un tragitto, anche se Nannini sembra percorrere una strada ininterrottamente ramificata. E anche se non è cosa saggia leggere linearmente un percorso, la sua ricerca è un romanzo in cui si può individuare una trama abbastanza chiara ... Si fa insegnare dai maestri della sua terra, e dagli autori che sente più affini, come i Carracci, Guido Reni e Giuseppe Maria Crespi, ma li fa dialogare con quelli che più ama, espressionisti e secessionisti, in primis Oskar Kokoschka, Edward Munch e, ovviamente, Egon Schiele. A guardarlo ora, il suo è un cammino che può ben partire da un albero, quello della serie Senso panico, del 1996 (anno della sua prima esposizione personale) ... incontra prima i suoi luoghi intimi come la camera (Interior), poi le persone, i familiari (la madre, la sorella, il fratello...) e se stesso in un autoritratto da espressionista (viennese), ma via via si apre a scorci di paesi e città da Lisbona a Bologna, ma rivisitate, come fantastiche, animate di sensazioni e sentimenti ancora letterari e leggendari, spesso dominati da tinte cupe, notturni in cui appaiono vere e proprie entità soprannaturali. A queste si affiancano tavole d'ardesia con figure d'altri tempi e scene corali come in antiche fotografie sbiadite, quasi dei dagherrotipi (le serie Monocromo), o dipinti con fantasmi che nascono nel folclore popolare (I ritornanti). Siamo alla fine degli anni 90, Nannini sta cercando, crescendo, e poco a poco il suo immaginario, tra formazione accademica, passione personale per la pittura nordica e narrazione popolare, scava nel suo sguardo, ne cerca un altro. Deve allontanarsi dai maestri (sempre da uccidere) per non subirli e – ovviamente – accettarli come parte di sé. Ma per riuscirci deve andarsene. Chiusa la porta, lasciati i romanzi e i cataloghi sugli scaffali della camera, ecco la pianura. La luce che diventerà la voce dell'attesa, la sua firma, l'aspetta lì. E i suoi personaggi "ritornanti" sono già in giro, in quella pianura popolata di racconti orali e letterari, pittorici, cinematografici. Quelli con cui è cresciuto. In cui è vissuto. In quella luce. L'ha sempre vista, in fondo: ce l'ha dentro, ora deve farla dialogare con i suoi maestri e la sua tecnica, e capire dove farla esplodere. Ed ecco, all'alba del terzo millennio, la sua ricerca lo porta a disegnare scorci di paesi, la pianura, le strade che si perdono verso gli orizzonti, le chiese che paiono abbandonate, edicole votive, silenziose e perpetue, in un'atmosfera notturna che una luce innaturale anche per un'illuminazione artificiale rende inquieta (Matite). Gli anni zero continuano con notturni in cui appaiono ancora fantasmi o i paesi si animano per una macchina che, invece di essere parcheggiata come tutte le altre, si allunga veloce nella luce dei suoi fari, ed è già altrove (Gli ultimi silenzi). E dopo la notte arriva il giorno, gli orizzonti si restringono e le case sono sempre più vicine, frontali come una sfida inevitabile (Houses), o guardate allontanandosi, abbracciate in paesi che sembrano avvolgersi su se stessi (Vedute circolari), o a farsi schiacciare da un cielo sempre più imperioso (La grande pianura) che osserva una terra sempre più invasa di costruzioni che cercano di aggredire anche il mare. E se la luce cambia, dalla notte al giorno, è solo un'apparenza: l'atmosfera resta quella. Si attende. La luce di Nannini muta nell'intensità, non nell'espressione. Avvolge e non rivela. Suggerisce, al limite. Come una sapiente colonna sonora, che senza invadere la scena, come senza farsi sentire, mette lo spettatore in uno stato d'animo che lo costringe a cercare qualcosa che non trova, a guardare meglio. Non è orpello ma sostanza ... è un mondo fantastico e reale insieme. È uno stato d'animo, espressione di una condizione esistenziale. Quelle case così solide e precise da sembrare fotografate sono in verità falsate da una prospettiva che le rende irreali, ma non in modo esplicito a uno sguardo superficiale. Come avviene con le riscritture dei paesaggi di Schiele (Passaggio a Krumau), con quei tetti spioventi che si affastellano rincorrendosi. Con il ritorno a Schiele si chiude un cerchio ... Ma nel corso del suo viaggio, mentre i paesaggi si fanno personaggi, appaiono figure diverse dalle entità soprannaturali, i fantasmi del folclore e i visi d'altri tempi. Sono altri fantasmi, in attesa. Sono i Types, i protagonisti di Nuovo Evo, "gli uomini e gli accessori nell'epoca dell'insicurezza", e di Nuda veritas, automi in carne ed ossa, avvolti di ogni tipo di tecnologia, non solo informatica. Personaggi inquietanti, dipinti spietatamente, nudi da vestire come bambole imballate (o come morti sepolti e circondati da ciò che potrebbe servire nell'aldilà), o già vestiti e completi di ogni cosa, pronti all'uso, rappresentati frontalmente o di profilo come in foto segnaletiche, o come figurine da ritagliare. Tutti schedati e ben delineati ... Alcuni infatti sono messi in scena, vicino alle loro case, sono giovani, anziani, singole figure, coppie ... Ma sono figure che scompaiono. Sono già ricordi, forse. Sbiadiscono. E se lo spettatore si avvicina ai quadri, vede un'altra cifra della pittura di Nannini, l'incompiutezza voluta, un ulteriore tassello di questo romanzo. I personaggi, questi nuovi fantasmi, relitti fotografici di un tempo che fu o automi per una nuova era che verrà, sono dipinti o senza sfondo, come in un asettico packaging ... in attesa di essere inseriti nella scenografia, oppure, se messi in scena, sono come abbozzati, dipinti precisamente o in maniera evocativa in alcune loro parti, lasciati allo schizzo o addirittura non finiti né abbozzati in altre. Come monchi. Frammenti di fotografie strappate. E lo stesso vale per gli oggetti che li circondano e in cui vivono, dalle automobili e le biciclette alle abitazioni. ... A questo punto non è più il paesaggio emiliano... È un luogo più profondo ... Non è più umano, ma è un prodotto dell'uomo che gli è sfuggito di mano, o gli sta sfuggendo di mano. Pur nella sua bellezza, lo si sta perdendo. Questo inquieta. E siamo tutti lì ad aspettare qualcuno che intervenga, che sciolga la tensione. Che anticipi l'esplosione della bomba..."

Alberto Sebastiani, " In attesa che esploda" , Bologna, 2014